A Gerusalemme, ho parlato con Dio

di giusimoni

E’ stato, come una discesa. A passi lenti. Gli occhi del cuore a cercare luce, nel buio.

Dove sei, mio Dio? Sono venuta a respirarti, tra fumi d’incenso. Ho posato i miei silenzi nell’ombra, a vestire l’aria. Ma non ho portato nessuno; nessuno dei miei prima o dei miei dopo; e nessuna preghiera. Solo adesso, solo io. Un momento da offrirti; e il tempo, di vivere ancora con il senso, che vuoi.

Non lo so se … 

“…Sei troppo sincera, troppo onesta …”

Non lo so se … 

“… Sei forte …” 

… e non so se la mia vita è per qualcuno; sono venuta a guardarla da lontano, per farmi prestare i tuoi occhi; e vedere.

I tuoi occhi sono stati la mia carne; la sua mano è stata la tua, entrata in me a farsi tempio, a fare piano, per dare spazio al silenzio, per darmi il tempo di offrirti questo mio “tempo”, e di piangerne il senso, infinito. 

“Cosa vuoi che ti dica? Cosa posso dirti io adesso?” … 

Mi hai detto che mi ami,  anche per questo. E non mi volevi lasciare. Ho provato allora ad andare – tornare,  guardare gli altri,  riprendere a parlare – con il tuo tocco ancora vivo. Poi

quel vederti all’improvviso di nuovo, cercarmi tra la gente, prendermi le mani per farmi un dono, è stato come il mistero di una nuova incarnazione, il segno per me di un Dio  che mi segue, e che c’è, “dove” io sono. 

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio …”

 

Giusi